Il segreto del Successo è la Focalizzazione

29/11/16 0.06 / Di Gennaro Polito

Oggi faremo un viaggio alla scoperta delle mode del management, passando in rassegna le tendenze che hanno caratterizzato gli scorsi decenni fino a giungere alla teoria dominante oggi, quella della focalizzazione, e vedremo insieme in che modo il Digital permette alle aziende di comunicare efficacemente il proprio punto focale.

 

Ciascuno degli ultimi decenni ha avuto la sua moda del management, che la storia ha poi dimostrato erronea.

 

Negli anni ‘60 era la conglomerizzazione, l’idea che un manager professionale dovesse saper gestire ogni cosa. Una lunga serie di conglomerate nate in quegli anni hanno avuto il loro momento di gloria e sono poi svanite: dagli anni ‘60 agli anni ‘90 la parte dell’economia controllata dalle grandi conglomerate è scesa drasticamente da circa il 45% a circa il 15%, secondo una ricerca del professor David Lewin dell’Università della California.

 

Negli anni ‘70 la moda era la diversificazione, l’idea che ogni impresa avesse bisogno di un business anticiclico, per controbilanciare il ciclo della propria attività principale. La Xerox fu una delle aziende ad entrare nel business dei servizi finanziari per controbilanciare la propria produzione originale di beni durevoli: stanno ancora calcolando le perdite.

Dopo aver studiato le prestazioni di 33 grandi ditte americane tra il 1950 e il 1986, Michael Porter ha concluso che la diversificazione ha distrutto più valore azionario di quanto ne abbia creato. La maggior parte delle aziende ha ceduto molte più acquisizioni di quante ne abbia mantenute.

Un esempio di tale strategia è quello della General Electric che aveva comprato una società mineraria come la Utah International (che ha poi rivenduto).

 

La mania del decennio successivo si basava sull’idea opposta: compra un’azienda simile alla tua.

Negli anni ‘80 la moda fu appunto quella della sinergia, l’idea che un’impresa dovesse sfruttare le somiglianze tra prodotti, come riviste e film (Time Warner), bibite e vino (l’acquisizione da parte della Coca-Cola della Taylor Wine Co., poi ceduta), o elettronica di consumo e film (l’acquisizione della Columbia da parte della Sony, che si è vista costretta cinque anni dopo ad una riduzione contabile di 2,7 miliardi di dollari). I primi risultati di tali acquisizioni sono stati alquanto deludenti.

 

La moda degli anni ‘90 è stata la convergenza, l’idea che le tecnologie digitali si stiano fondendo.

Fortune annunciava così la notizia: “Convergenza sarà la parola d’ordine per il resto del decennio. Non si tratta solo della televisione via cavo e del telefono che vanno a letto assieme. Si tratta delle culture e delle aziende di grandi settori industriali che si uniscono in una mega-industria che produrrà informazione, intrattenimento, beni e servizi per la casa e l’ufficio”.

La convergenza è un concetto che va contro le leggi naturali. In fisica, la legge dell’entropia afferma che il grado di disordine in un sistema chiuso deve sempre aumentare, mentre un processo di convergenza renderebbe le cose più ordinate.

In biologia, la legge dell’evoluzione sostiene che nuove specie si creano dalla divisione di una specie singola, mentre la convergenza, al contrario, vorrebbe farci credere che le specie si fondano in continuazione, il che ci porterebbe a credere che possano nascere esseri curiosi frutto dell’unione di cane e gatto, ad esempio.

 

La teoria della focalizzazione afferma che per avere successo bisogna imprimere nella mente dei clienti una chiara idea di cosa un’azienda rappresenta per il proprio target: la Volvo è sinonimo di sicurezza, la IBM era sinonimo di mainframe (ora non più perché ha perso il proprio punto focale), Southwest Airlines e Ryanair sono sinonimo di low cost.

 

E la tua azienda cosa rappresenta per i clienti? In che modo viene percepita?

 

La focalizzazione ha modificato interi settori, mettendo in discussione posizioni di leadership ritenute intoccabili: quando è iniziato l’avvento dei negozi specializzati, i grandi magazzini generalisti non si sono minimamente sentiti minacciati, sicuri della propria reputazione e protetti dall’idea che l’ampia di categorie di prodotti diverse scelta fosse l’unico driver decisionale che contava nella percezione dei clienti.

La catena Macy’s è andata in bancarotta e si è ripresa, ma ora sta attraversando nuovamente un periodo difficile.

Allo stesso modo, Sears ha visto fallire gran parte dei suoi tentativi di espandere la propria linea di business: assicurazioni, costruzione di centri commerciali, settore immobiliare, finanza.

 

Cosa ha causato il declino dei grandi magazzini?

I critici si affrettano ad accusare i negozi stessi: trascuravano il servizio clienti, non tenevano il passo delle mode, i loro prezzi erano troppo alti, non erano gestiti bene…

Sebbene questi possano essere motivi che hanno contribuito a determinarne il declino, un dato che dovrebbe far riflettere è che i consumatori non hanno di certo smesso di acquistare, solo hanno cominciato a rivolgersi a nuovi player, maggiormente “focalizzati”: The Limited si è concentrato sull’abbigliamento esclusivo per donne in carriera, Gap su quello di base per i più giovani, Victoria’s Secret sulla biancheria intima femminile di fascia alta, IKEA sull’arredamento di fascia media accessibile a tutti.

 

Oggi stiamo assistendo ad un fenomeno simile nel campo del digital retail, con la nascita di quelli che il CEO di Bonobos ha definito Digital Native Vertical Brands (DNVB).

Qualche dato per dare un’idea di tale trend:

  • Unilever ha acquisito la startup Dollar Shave Club per $1B, specializzata nella vendita di articoli per la rasatura con un modello di business basato su abbonamento;
  • gli investimenti nel settore dei Consumer Packaged Good (CPG) hsnno raggiunto la quota di $7.9B;
  • le multinazionali nel settore CPG hanno ridotto notevolmente la spesa in R&D, cominciando a considerare le startup una forma di R&D in outsorcing.

 

Come si può riuscire a trasmettere il punto focale della propria azienda sfruttando i canali digitali?

Lo strumento che si presta a questo scopo è la Landing Page, che si colloca nella fase di conversione del metodo Inbound.

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Una Landing Page (pagina di atterraggio), nel web marketing, è una pagina web specificamente strutturata che il visitatore raggiunge dopo aver cliccato un annuncio.

Questa pagina è appositamente sviluppata per trattare specifici argomenti: gli elementi all’interno della pagina saranno focalizzati sull’evidenziare i vantaggi offerti da un determinato prodotto o servizio promosso durante una campagna di marketing e i motivi che dovrebbero incentivare un utente ad affidarsi all’azienda.

È l'elemento cardine di qualsiasi attività di web marketing perché permette di trasformare gli utenti in clienti.

 

Le Landing Page nascono con il solo intento di catturare le informazioni per poter svolgere successivamente attività di marketing, il che significa che la pagina non ha alcun collegamento ipertestuale in uscita; possono essere inserite anche delle storie di successo che il potenziale cliente terrà in mente quando prenderà la decisione di acquistare.

Come regola generale, i marketer su internet cercano di mantenere il contenuto delle loro pagine al minimo indispensabile. Lo scopo della pagina è quello di ottenere le informazioni di contatto del visitatore (nome, cognome, telefono, email); ulteriori informazioni potrebbero distrarre l'utente o fargli abbandonare il sito.

L'assenza di collegamenti viene utilizzata affinché l'attenzione dei visitatori si concentri su una scelta: fornire i dati per essere successivamente contattati o lasciare il sito.

 

Tra le best practice legate alla creazione di Landing Page, Hubspot segnala le seguenti:

  • scrivere un titolo chiaro, conciso e orientato all’azione, con un breve sottotitolo che lo supporti;
  • spiegare l’offerta in modo chiaro ed enfatizzare visivamente l’offerta di valore inserendo un’immagine emozionale nella sezione iniziale della pagina che fornisce il contesto;
  • inserire i benefici dell’offerta per l’utente con un elenco puntato che riassuma i principali vantaggi ed una breve descrizione delle feature di prodotto maggiormente utili per il target;
  • rimuovere i menu di navigazione e i link esterni alla pagina;
  • la lunghezza del form rispecchia il valore dell’offerta, ma deve richiedere solo i campi necessari per contattare successivamente gli utenti (i form eccessivamente lunghi riducono il tasso di conversione);
  • includere immagini pertinenti, animazioni e brevi video che rinforzano il messaggio;
  • inserire una riprova sociale (testimonianze, case study) che aiutino l’utente a riconoscersi negli esempi e a desiderare di ottenere gli stessi risultati;
  • inserire un singolo obiettivo di conversione - la Call to Action.

 

Immagino che la tua azienda offra diversi prodotti o servizi ai propri clienti, e che quando gli utenti cercano informazioni sulle offerte atterrino sul sito aziendale, dove sono distratti da molti elementi che rischiano di ridurre notelvomente il tasso di conversione e di conseguenza il numero di contatti di utenti interessati a diventare clienti.

Un altro elemento da considerare riguarda le differenze tra i target che ciascun prodotto o servizio può attrarre: far confluire tutti gli utenti in un luogo dove possono trovare tutto, senza alcuna personalizzazione nella comunicazione delle offerte è uno degli errori che frena la capacità di generare più lead e contatti di utenti più qualificati.

 

È possibile migliorare la situazione, concentrandosi su un set ridotto di prodotti o servizi e realizzando per ciascuno una Landing Page dedicata, così da personalizzare il messaggio diretto agli utenti rispondere in modo più puntuale alle richieste di informazioni e soluzioni che conducono i potenziali lead sulla pagina: per ispirarti ti condivido 100 esempi di Landing Page con un’analisi degli elementi componenti la pagina.

 

Se vuoi approfondire l’argomento e scoprire  come creare landing page che convertono scarica il nostro contenuto:

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Topics: Inbound Marketing

Gennaro Polito

Scritto da Gennaro Polito

Laureato in Ingegneria Gestionale con una tesi sul ruolo del crowdfunding come modalità di validazione di mercato e supporto alle startup, e spinto da una forte passione per l’innovazione e i modelli di business digitali, è Project Manager di Guanxi e supporta i clienti ad affrontare il percorso di Digital Transformation.

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