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Inbound Marketing & Storytelling: il potere di un racconto

Scritto da Alberto Giusti | 17/05/17 14.27

“Ah, che bellu cafè,

sulo a Napule 'o sanno fa'

e nisciuno se spiega pecché

è 'na vera specialità!”

 

 

Una vecchia canzone cantata da Domenico Modugno spiega la bontà del caffè napoletano e il mistero secondo il quale, rinomatamente, a Napoli il caffè ha un sapore diverso che in tutto il resto del mondo.

In molti hanno provato e provano tuttora a spiegare il motivo per il quale ciò accade: alcuni danno il merito all’acqua utilizzata (secondo la leggenda dovrebbe trattarsi dell’acqua del fiume Serino) altri, più semplicemente, all’amore che ogni napoletano doc prova quando prepara la caffettiera.

Eppure il caffè napoletano viene preparato in tutte le case italiane allo stesso modo. E non può certo affermarsi con sicurezza che un non napoletano non sia capace di mettere amore nella sua tazzina di caffè. E allora di cosa si tratta? Dove sta la magia?

Sta nell’essere riusciti a raccontare una storia. Una storia credibile (ma non necessariamente logica), tangibile e capace di essere ricordata.

A differenza delle parole, una storia riesce a coinvolgere maggiormente colui che ascolta, che in questo modo si addentra in ciò che non conosce e rimane coinvolto fin tanto che la storia verrà raccontata sempre in quel modo. Certo, non basta raccontarla. Serve saperla raccontare. Serve trovare il modo giusto per catturare l’attenzione del destinatario senza farlo annoiare.

Raccontando una storia si trasferisce un valore. Riflettendoci, è esattamente questo il motivo per il quale le storie vengono raccontate ai bambini. È il modo più immediato e semplice per catturare la loro attenzione, insegnare loro qualcosa (il valore dell’amicizia, dell’amore, della lealtà) che rimanga impresso nella mente.

Non è questo forse il desiderio di ogni Brand? Riuscire a trasferire un valore al proprio target, farsi conoscere e rimanere impresso nella mente dei propri clienti per condurli a ripetute esperienze d’acquisto, facendoli diventare evangelisti del prodotto?

Possedere la capacità di raccontare una storia può fare la fortuna di un prodotto o di un servizio, al pari di ogni altro aspetto del business, e forse perfino di più. Fa perfino la fortuna di un buon agente di vendita: il più capace non è forse colui che riesce a raccontare meglio le storie legate alla sua azienda e ai suoi prodotti?

Le altissime possibilità che una storia ha di coinvolgere e legare a sé i suoi spettatori sono anche la spiegazione della fortuna che sta ottenendo Netflix: le serie tv proposte non sono altro che storie e la gente si appassiona, rimanendo incollata allo schermo per ore e ore e soltanto le storie raccontate meglio saranno quelle più seguite.

La neuroscienza ha studiato questo fenomeno accorgendosi che una narrazione efficace provoca un cambiamento nel cervello di chi ascolta, inducendo la secrezione automatica di due sostanze chimiche: il cortisolo, che aiuta a prestare maggiore attenzione e l’ossitocina, che crea una sensazione di empatia con colui che narra la storia.

Secondo la neuroscienza, una storia è efficace se strutturata attraverso il c.d. "arco drammatico”: un percorso creato dallo storyteller allo scopo di creare contenuti coinvolgenti accompagnando il lettore dall’inizio alla fine della storia. Questo arco è composto dai seguenti elementi:

  1.       L’esposizione
  2.       Il conflitto
  3.       Il climax
  4.       La chiusura e l’epilogo

L’esposizione è la parte introduttiva della storia e consente a colui che ascolta di inquadrare l’intero contesto in cui essa si svolgerà. Nella storia raccontata all’inizio, potrebbe essere rintracciata nella prima parte, dedicata ai versi della canzone di Modugno.

Il conflitto è il motore dell’intera storia, la sua direzione. Serve a costruire la suspense del lettore e a catturare la sua attenzione. Nell’esempio precedente, il conflitto consiste nelle diverse spiegazioni che ci si dà per giustificare la bontà del caffè napoletano: è l’acqua utilizzata o l’amore per il caffè?

Il climax è l’apice della storia, in cui il conflitto precedente volge al termine e si perviene ad una soluzione (non necessariamente di successo). Nella storia precedente, è rintracciabile nella frase in cui si svela che la magia consiste nella capacità di saper raccontare una storia.

La chiusura e l’epilogo sono invece i momenti finali della storia, in cui si raccontano le conseguenze derivanti dal climax precedente. È il momento in cui si tirano le fila, si forniscono i punti di riferimento e la morale che si intende trasferire. Si dichiara l’intento dell’intera storia e si lascia, almeno idealmente, la parola a colui che ascolta.

Nella storia che sto raccontando, l’epilogo è proprio la parte che stai leggendo adesso.


Rifletti sul tuo Brand, sul mercato in cui operi e sui tuoi clienti e prova a raccontare la tua storia. Recupera nella tua memoria un’esperienza particolare vissuta dai tuoi dipendenti o dall’azienda in generale, racconta un case study dal quale emerge la capacità della tua azienda di risolvere un problema.

E se già esiste una storia, la stai raccontando nel modo giusto? Concentra le tue energie e costruisci una storia da raccontare attorno a te e in ogni operazione di marketing che intraprendi: dalla presenza sui social alla strategia di content distribution online, individua il tuo arco drammatico e comincia a raccontare!

Le storie sono ovunque. E a volte basta la semplicità di un caffè per farsi ricordare. Vuoi saperne di più sull'inbound? Approfondisci qui!

 

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